Piste ciclabili, troppe sono “false” e invece che proteggere fanno aumentare il pericolo?
Cosa possono avere in comune oggi un rappresentante di un’associazione di autotrasportatori e un ex campione di…
Cosa possono avere in comune oggi un rappresentante di un’associazione di autotrasportatori e un ex campione di ciclismo, esponenti di due mondi che sulle strade ultimamente si sono scontrati, e purtroppo in senso reale, sempre più spesso, con chi si muoveva pedalando che ha avuto sempre, ovviamente, la peggio, rimettendoci in più d’un caso la vita? Per esempio la convinzione che le piste ciclabili siano una cosa ottima quando però sono vere e non “di facciata”. Convinzione che Mattia Baldis, funzionario della Fai (federazione autotrasportatori italiani) di Bergamo, uno che con i camionisti ci “vive” ogni giorno, condivide con un signore che in sella ci ha passato una vita: Silvio Martinello, vincitore di un titolo olimpico su pista, di cinque titoli mondiali, di 14 titoli nazionali e 21 corse su strada. Considerazioni che il campione della bicicletta, diventato opinionista Rai dopo aver lasciato l’attività agonistica, ha affidato tempo fa a un articolo messo on line su un sito messo in rete da un gruppo di persone a cui piace scrivere non solo per far leggere ma per far riflettere, per far crescere e imparare, Altropensiero.net. Un articolo, dal titolo che ha subito messo in chiaro le cose, “Basta con l’imbroglio delle finte piste ciclabili”, in cui Silvio Martinello ripercorre il percorso straordinario compiuto dalla diffusione delle bici nell’era della pandemia di Covid, partendo dalla “pioggia di bonus che il governo Italiano ha elargito tra cui anche quello per l’acquisto di biciclette e monopattini, con l’intento, sacrosanto, di incentivare l’utilizzo di mezzi alternativi rispetto a quelli pubblici per i propri spostamenti”, per proseguire poi con l’amara constatazione che “nel pieno della seconda ondata, ancor più tragica della prima per le sue proporzioni, si è capito che quel bonus biciclette e monopattini, in realtà, è servito a svuotare i magazzini e aumentare il fatturato delle aziende che li producono e dei negozi che li vendono, ma senza raggiungere “lo scopo condivisibile per cui era stato pensato”. Ovvero, e siamo al traguardo dell’analisi, dall’incapacità di comprendere che occorre “iniziare dalle infrastrutture specifiche, se si desidera incidere sulle abitudini delle persone, e solo successivamente concentrarsi sugli stimoli all’acquisto del mezzo”. Tradotto: prima realizziamo “vere” piste ciclabili, separate dagli spazi riservati alle auto in modo da poter impedire che entrino in contatto. Perché, come ha affermato Mattia Baldis, “non basta una mano di vernice sull’asfalto per creare una pista ciclabile. Perché così si rischia solo di aumentare il pericolo, soprattutto nei punti , e sono tanti, lungo le strade, dove la condizioni delle vecchia carreggiate non consentono neppure lontanamente di parlare di sicurezza, con la corsia che si restringe o addirittura scompare. Ha perfettamente ragione chi afferma che partire dall’incentivo significa partire dal tetto e che per costruire qualcosa di solido è necessario invece partire dalle fondamenta, altrimenti la struttura non regge”. Una doppia secca bocciatura per le famose (o sarebbe meglio dire famigerate?) “Bike Lanes”, “corsie ricavate con righe bianche tracciate sulle strade dalla sera al mattino in tante città italiane”, come ha scritto sempre Silvio Martinello nel suo contributo per far accelerare un “altro pensiero”, su un sito voluto per contrastare il rischio che in troppi si lascino annebbiare la mente dalla comunicazione istituzionale che spesso ormai si traduce in una pura e semplice informazione della “voce del padrone”. Un “altro modo di pensare”, oltre che di vedere le cose. A partire proprio da quelle strisce di vernice bianca “ molto pericolose, e oggetto di critiche e lamentele sia da parte di chi le utilizza in bici, credendole erroneamente piste ciclabili, sia da parte di chi motorizzato le subisce e le percepisce come un ulteriore ostacolo, generando nuovi pretesti per alimentare la subdola battaglia quotidiana tra automobilisti e ciclisti” come si legge ancora su Altropensiero.net. “Verrebbe da dire: le solite cose all’italiana, ma non voglio essere così banale. Continuo a sperare che quanto ci sta accadendo possa ancora rappresentare lo stimolo per migliorarci e per modificare radicalmente le nostre abitudini, ed uscirne veramente migliori”, è la conclusione delle riflessioni del campione ciclista perfettamente condivise da un “esponente” del mondo dei camionisti, “unendo in un’unica e condivisa riflessione due mondi, bici e camion, che hanno visto scrivere già fin troppe storie con uno speciale “inchiostro rosso”, il sangue delle vittime. Due categorie apparentemente lontane anni luce ma unite dalla convinzione che se il Paese vuole “compiere il necessario e definitivo salto di qualità, se si vuole puntare sulla bicicletta, la pista ciclabile deve essere realmente riservata alla bicicletta, con tanto di divisoria che la renda davvero sicura e impedisca ai mezzi di usarla, anche come parcheggio” come scrive sempre ‘ex campione suii pedali, oggi campione di buon senso. Perché”, conferma l’esponente del mondo dei camionisti, ha perfettamente ragione Silvio Martinello quando scrive, che “queste linee bianche sono soltanto una recita demagogica per strappare un applauso”. Righe bianche inutili e pericolose per finte piste ciclabile utilizzate spesso per una verissima campagna di propaganda.