Il primo incontro con la Regolarità? I piloti sembravano gente decisamente strana, ma i controllori ancora di più
Oltre 50 anni fa c’era una stradina (veramente c’è ancora, ma oggi è asfaltata) piena di buche…
Oltre 50 anni fa c’era una stradina (veramente c’è ancora, ma oggi è asfaltata) piena di buche e di polvere (o delle stesse buche e di fango, se pioveva) che, a mezza costa delle dolci colline che continuano a ovest il maestoso profilo della città vecchia di Bergamo, degradava lentamente fino a congiungersi, in pianura, con lo stradone, sempre pieno di buche e di polvere, che da Bergamo Bassa conduceva a Lecco. Per arrivare a questa stradina si dovevano salire centinaia e centinaia di gradini in pietra, vecchissime scalette di comunicazione tra il monte e il piano. Su quella stradina, come ho detto, più di 50 anni fa avvenne il mio primo incontro con la “Regolarità’”. Qualcuno mi disse che una domenica si sarebbe svolta, lassù, una corsa per motociclette. Forse (avevo poco più di 10 anni) ne avevo sentito parlare ma motociclette probabilmente non ne avevo mai viste; la curiosità fu grande e non mancai all’appuntamento. Quando raggiunsi la stradina (ricordo, era una splendida giornata di sole) vidi uno spettacolo che attirò la mia attenzione tanto che dimenticai persino di osservare come era fatta una motocicletta. Ecco quello che vidi: addossati a un vecchio muretto in pietra viva c’erano tre o quattro persone e una di esse era seduta davanti a un piccolo tavolo. Essi armeggiavano con un orologio e dei fogli di carta. Circa 50 metri più a destra, seminascosti da una curva, sostavano due o tre motociclisti che parlottavano fra di loro e anche essi trafficavano con gli orologi. Erano stranamente vestiti in parte in cuoio e in parte in lana e portavano, penzolanti sul petto, enormi occhialoni antipolvere. Ogni tanto uno o più di loro accendeva il motore e si avvicinava lentamente al tavolino, esibiva un cartoncino su cui l’uomo seduto scriveva qualche cosa e ripartiva in una spaventosa nube di polvere e con un fragore assordante. Altri motociclisti, intanto, sopraggiungevano e si fermavano alla curva. Sempre quel qualcuno mi disse che questi piloti dovevano presentarsi al tavolo a un orario prestabilito, pena non so quali sanzioni, e che perciò si fermavano prima per non arrivare in anticipo. Nella mia mente si formò subito un severissimo giudizio di disonestà da parte dei motociclisti e di grossolana imbecillità da parte dei signori del tavolino che potevano benissimo vedere le moto e i loro centauri fermi dietro la curva! A dire il vero, e con mia somma soddisfazione, qualche concorrente onesto c’era perché arrivava a tutta velocità, rischiava qualche volta, evidentemente per eccesso di zelo, di travolgere tavolo e addetti, ma consegnava senza indugio la propria scheda per la registrazione. Quel giorno, certo, non potevo sapere che nemmeno 20 anni dopo mi sarei trovato coinvolto in prima persona nel mondo affascinante della Regolarità e che un giorno, ormai addentro nei regolamenti e nelle formule di gara, sarei addirittura diventato Presidente di una Giuria Internazionale alla Sei Giorni, la massima competizione regolaristica mondiale!
Mario Tremaglia Dall’opuscolo per il “4° Trofeo Gino Reguzzi – Internazionale” Serina – 29 e 30 agosto 1987