Parco chiuso, l’altare segreto degli dei delle due ruote al quale solo il sommo sacerdote e pochissimi seguaci

Per i non addetti: Parco chiuso. Esso rappresenta, nell’insieme, la finestra sul mondo, la realizzazione pittorica di…

Per i non addetti: Parco chiuso. Esso rappresenta, nell’insieme, la finestra sul mondo, la realizzazione pittorica di ciò che di intimo esiste nell’anima del suo realizzatore. E’ nel P.C. che egli si esprime ai livelli più alti ed è dalla realizzazione del parco che si può arguire chi sia il suo autore. E’ estroverso, allegro, giocherellone, incline all’amore per il prossimo, pronto alla battuta: il suo P.C. sarà festoso, pieno di colori molto contrastanti per richiamare l’attenzione di chi guarda. Se invece è un duro, poco incline al superfluo, un pratico insomma; allora ci troveremo di fronte un P.C. allestito, sempre con tutte le regole, ma che non concede nulla all’immaginazione e allo spettacolo. Fortunatamente la maggior parte dei P.C. che ho visto nei lunghi anni di frequentazione dell’Enduro mi hanno sempre attratto e ho potuto, ammirandoli, fare delle constatazioni, oltre che di carattere tecnico, anche, direi quasi filosofiche. Un P.C. che cosa è? Esso rappresenta, con i dovuti riguardi, l’altare segreto del dio degli antichi egizi, greci o romani. Nessuno può entrarvi, è un posto sacro. Solo il sommo sacerdote e i suoi pochissimi fedeli seguaci hanno questo privilegio. Perciò il P.C. è l’ordine, è la legge, è la fede. Come lampade votive sono disposti all’interno, in geometrica successione, i motocicli, ognuno con i suoi colori più o meno evidenti. Sono le offerte che vengono presentate al dio e che egli accetta imprimendo su di esse il suo indelebile sigillo. La superficie su cui poggiano è verde smeraldo e tutt’attorno, con un’altra esibizione di colori, i nomi di chi offre: olio lubrificante X, catene Z, benzina Y e così via. L’occhio si sposta ora in alto e il quadro diventa vivente: decine di drappi, anch’essi multicolori, si stagliano nel cielo azzurro e garriscono al vento. Osservato nel suo insieme un P.C. è un capolavoro di pittura, è un quadro d’autore! Ma come tutte le cose belle la sua vita è brevissima: solo verso il tramonto della vigilia della competizione è concesso ammirare il gioco di luci e ombre che il sole calante provoca in quella festa di colori. Domani tutto si appiattisce; dei colori di oggi resteranno solo piccoli frammenti ché la polvere, il fango, il sole o la pioggia avranno alterato tutto. Anche le bandiere, lassù in alto, sui pennoni, non agitano più le loro ali. Un solo giorno e un’ombra di tristezza si stende sul mondo gioioso di ieri. Invano ritorni una, due, tre volte. L’ordine si è dissolto, le schiere si sono assottigliate, larghi varchi incolori si aprono nell’interno del quadro come se qualcuno avesse strappato, in più punti, la tela. Anche l’autore non è più quello di prima: una dura giornata sulle spalle gli ha tolto il largo sorriso con cui ieri sera aveva salutato la sua opera. Lentamente il silenzio, solo quello, è uguale, si fa strada e ricopre ogni cosa. Con esso la penombra, poi la sera e la notte. Si aspetta il domani per rivedere la vita riprendere ma lo spirito è cambiato. I visi sorridenti e spensierati si sono mutati in espressioni concentrate e responsabili. Il P.C. si svuota e diventa, da opera d’arte vivente, una natura morta.

Mario Tremaglia

A Massimo Sironi che, senza tavolozza né pennelli, sa creare un’opera pittorica viva da una natura morta.

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